Vai al contenuto
Home » Blog » Sicilia, il regno del contante: un’avventura tra leggende urbane e sanzioni inesistenti

Sicilia, il regno del contante: un’avventura tra leggende urbane e sanzioni inesistenti

Era il 28 luglio, un giorno probabilmente sospeso tra il 2023 e il 1983. Mentre il telefono urlava “2023,” l’atterraggio all’Aeroporto di Palermo sembrava più un viaggio nel tempo che un volo. Ma una sfida mi attendeva: raggiungere Agrigento senza contanti, come un moderno cavaliere in armatura digitale perso in un mondo che sembrava vivere in una dimensione parallela. Un regno in cui i pagamenti con carta erano considerati solo una leggenda urbana.

Arrivo all’Aeroporto di Palermo e mi dirigo verso lo stallo del bus delle Autolinee S.A.L. come un moderno Ulisse. “Il biglietto si fa sul bus?” chiedo. “Sì, ma solo contanti,” dice l’autista, come se il denaro liquido fosse l’unico passaporto valido per l’ingresso in questa terra straniera. Una terra in cui le carte di credito sono viste come strani incantesimi.

“Non ho contanti,” rispondo, cercando di difendere il mio diritto di pagare in maniera civilizzata. “C’è un bancomat all’interno dell’aeroporto,” dice l’autista con tale rapidità che deve essere una delle sue frasi più ripetute. In effetti, nei pochi minuti di attesa quella frase è stata ripetuta diverse volte a più persone diverse, come un mantra per placare gli dèi del pagamento elettronico. Gli faccio notare che non accettare la carta è illegale, ma mi viene detto che “sotto i 60€ non c’è l’obbligo.” Falso. “Quella dei 60€ era una proposta di legge che non è mai passata,” rispondo. “E anche se fosse passata, avrebbe riguardato la sanzione: l’obbligo sarebbe rimasto.” Ma in quel momento l’autista sembrava avere perso il senso dell’udito.

Avrei dovuto chiamare il la Guardia di Finanza al 117, ma mancando 5 minuti alla partenza la volante non avrebbe fatto in tempo ad arrivare. Vado a prelevare denaro per la prima volta dopo due anni e pago in contanti, ringraziando l’autista di non avermi chiesto di pagare con il baratto.

31 luglio. Vado alla Guardia di Finanza di Agrigento. Spiego quanto accaduto e mi chiedono di tornare il giorno successivo in mattinata. Mi dicono che sarebbe anche possibile effettuare la segnalazione telefonicamente, come se il telefono fosse un araldo dell’era moderna. Ma mi dicono anche che sarebbe meglio farlo in presenza. Quindi torno il giorno dopo. Dopo avermi ascoltato, mi dicono che verificheranno e mi faranno sapere come procedere. Vengo ricontattato dopo qualche ora. Mi informano che sì, gli autobus sono obbligati ad accettare le carte. Ma c’è un colpo di scena: “Nessuna azione possibile, il fatto è già avvenuto: avrebbe dovuto contattarci nell’esatto istante in cui hanno rifiutato il pagamento.” E così, l’epica avventura si trasforma in un capitolo da manuale di storia, dove il contante è re e le carte di credito sono eroi dimenticati.

6 agosto. Un amico arriva all’Aeroporto di Catania da Madrid. Deve prendere il bus per Agrigento. “Pago con carta,” dice all’autista della SAIS Trasporti, ignaro di quanto accadutomi pochi giorni prima. “Il POS è rotto,” risponde l’autista, a cui offrirei un caffè solo per chiedergli come sia possibile che questi POS si rompano così spesso. Chissà, forse il caldo siciliano ha un effetto particolarmente deleterio sui dispositivi elettronici, diversamente da ciò che accade in quel freddo mondo senza preoccupazioni chiamato “altrove.” Eppure, persino tra tali difficoltà, emerge un’idea geniale: la solidarietà di gruppo nel cercare di sopravvivere all’era pre-digitale. L’autista suggerisce che qualcuno potrebbe gentilmente fornire contanti una volta arrivati ad Agrigento, rendendo l’intero viaggio un romanzo d’avventura.

Nel frattempo, mentre l’autista è in viaggio verso il suo prossimo episodio di “POS fuori servizio,” l’amico mi racconta quanto accaduto e io decido di dimostrare la mia dedizione al servizio pubblico. Chiamo la Guardia di Finanza sette volte al 117 (numero attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7): alle 22:42, 23:07, 23:11, 23:48, 00:03, 00:10 e 00:11. Ma il telefono squilla a vuoto. E così, la tradizione continua: compagnie di trasporto che danzano nell’illegalità, quasi invulnerabili alle conseguenze.

Ma nella Sicilia di un tempo non tutto era perduto. Un autobus FlixBus si stagliava all’orizzonte, offrendo un’alternativa quasi futuristica alla commedia del cash-only delle compagnie di trasporti siciliane. Un FlixBus che l’amico avrebbe potuto prendere se solo non fosse arrivato in ritardo. Un autobus che gli avrebbe permesso di entrare in un regno di comodità e modernità che sembrava appartenere a un futuro distante. Wi-Fi a bordo per navigare nel mare inesplorato della connessione, e prese elettriche per saziare la fame del suo fedele telefono. Ma soprattutto, avrebbe potuto prenotare il biglietto online pagando con carta di credito, sentendosi come se stesse eseguendo una transazione galattica, dimostrando all’universo che anche le monete virtuali meritano un po’ di luccichio nel loro viaggio attraverso l’iperspazio finanziario.

Quell’autobus, che nel freddo mondo dell’”altrove” è la normalità, in Sicilia sembrava una visione profetica.

Chi l’avrebbe mai detto che la concorrenza di aziende straniere, di cui tanto ci si lamenta, avrebbe potuto infine favorire i consumatori?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *